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Fai del bene? Il Fisco ti è amico

Forbes Italia ha realizzato un approfondito focus sulle attività di Charity e del Terzo settore.

Riportiamo l’intervista al dottor Gianluigi Bertolli che è stato interpellato in merito alle agevolazioni fiscali previste per le fondazioni e gli enti filantropici.

Non può essere la motivazione principale, ma una fiscalità di favore indubbiamente incentiva i Paperoni a compiere atti di liberalità. Ed è così che, sull’esempio di quanto da tempo avviene in altri paesi, a partire dagli Stati Uniti, anche da noi si va sviluppando una legislazione ad hoc per far decollare il mecenatismo e la filantropia. “Il piacere di fare del bene si riscontra con una certa frequenza nelle famiglie dotate di patrimoni importanti, al punto da aver trovato supporto anche all’interno del settore della consulenza patrimoniale, con iniziative mirate a interventi strutturati delle attività filantropiche”, racconta Stefano Loconte, managing partner di Loconte & Partners. Gli esempi che arrivano dall’altra sponda dell’Atlantico sono numerosi, con il ricorso a fondazioni benefiche diffuso già ai tempi di Ford e Rockefeller e rinnovato dai nuovi miliardari del web, a cominciare da Mark Zuckerberg, che alla nascita della figlia ha donato il 99% delle azioni di Facebook. Negli Usa, ricorda Loconte, le donazioni individuali ammontano a circa 300 miliardi di dollari l’anno, una cifra enorme “frutto non solo di un atteggiamento culturale, il cosiddetto give back’, ma anche di una politica fiscale che garantisce deduzioni che possono arrivare anche al 50%”.

In Europa invece, il Regno Unito primeggia con 25 miliardi circa di raccolta destinata alla beneficenza, con totale defiscalizzazione delle donazioni in favore delle charity, mentre l’Italia si colloca al terzo posto con circa 9 miliardi di euro, dopo i 23 miliardi della Germania.

Se si guarda in prospettiva il nostro Paese ha ampi spazi di crescita. La riforma del terzo settore, completata due anni fa, ma non ancora pienamente digerita, apre alla possibilità di un approccio basato su modelli di filantropia strategica. La principale novità è costituita dalla figura degli enti filantropici, associazioni o fondazioni costituite “al fine di erogare denaro, beni o servizi, anche d’investimento, a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse generale”, le cui sovvenzioni da parte dei contribuenti privati determinano una detrazione Irpef pari al 30% delle erogazioni in denaro. E il beneficio sale al 35% se le liberalità sono a favore di organizzazioni di volontariato. Inoltre è prevista una deduzione dal reddito complessivo netto del soggetto erogante (persone fisiche, enti o società) nei limiti del 10% del dichiarato. Dunque il legislatore italiano ha previsto un doppio canale, “permettendo sia di agire sul reddito imponibile, decurtandone una parte in virtù dell’importo donato, ovvero agendo sull’imposta astrattamente dovuta, consentendo la detrazione quindi di una quota opportunamente determinata in base al caso specifico”, come spiega Giuliano Foglia, fondatore dello studio Foglia & Partners.

Ancora una volta è agli Stati Uniti che occorre guardare per cercare nuovi spunti di crescita. “Di recente è stato raddoppiato, portandolo a 12mila dollari per i singoli individui e 24mila per le coppie sposate, l’importo della deduzione forfettaria che può operarsi sul reddito lordo”, aggiunge l’esperto.

Guardare alle altre legislazioni non è solo utile a innovare in direzione positiva la normativa italiana, ma offre agli imprenditori globali l’opportunità di scegliere la destinazione dei propri atti di liberalità. Ad esempio nella legislazione inglese, sottolinea Gianluigi Bertolli, partner di Bertolli & Associati, è centrale il ruolo della giurisprudenza (dato il sistema di common law, ovvero un modello di ordinamento giuridico basato sui procedimenti giurisprudenziali più che su codici) nel definire le varie tipologie di attività che possono essere considerate charitable. “L’ordinamento del paese prevede una serie di benefici che spaziano dalla esenzione dall’imposta sul reddito, all’esenzione dall’imposta sul capital gain (a condizione che i profitti vengano reinvestiti in opere caritatevoli) all’esenzione in materia di imposte di successione e donazione, all’esenzione dall’imposta di registro in relazione a qualsiasi alienazione, trasferimento o locazione”, spiega Bertolli. “Sono previste poi esenzioni dall’imposta sul valore aggiunto per le charity che operano nel settore sanitario e loro sovvenzionatori“. Particolari benefici di natura fiscale sono inoltre riconosciuti ai soggetti che devolvono utili/guadagni a favore di una charity (esenzione dalla capital gain tax) o che si impegnano a versare una parte dei propri guadagni a tali istituzioni (esenzione dalla income tax), con ciò incentivando a compiere donazioni in favore delle charities.

Un quadro articolato, dunque, e quasi ovunque in evoluzione per incentivare il welfare privato laddove la mano pubblica è sempre più in difficoltà nel fornire copertura. Questo spiega perché tra le private bank e i family office si vadano sviluppando servizi ad hoc per assistere e orientare le scelte dei Paperoni. Perché far bene è più facile se il fisco è amico.

In allegato l’articolo in formato PDF

cabina di regia e consiglio nazionale del terzo settore

Il Codice del Terzo Settore: verso l’attuazione?

La cosiddetta riforma del Terzo Settore, che ha preso il via dal Dlgs 117/2017, è destinata a disciplinare integralmente il mondo del non profit che, secondo le ultime rilevazioni Istat, conta 336.275 istituzioni in cui lavorano 789 mila dipendenti e operano 5,5 milioni di volontari.

Nel complesso percorso di attuazione della riforma, si colloca la recente istituzione di due organismi, la Cabina di Regia e il Consiglio Nazionale del Terzo Settore.
Il primo, istituito con decreto del Presidente del Consiglio e dallo stesso presieduto, avrà essenzialmente compiti di monitoraggio dello stato di attuazione del Codice del Terzo settore e raccordo con le istituzioni interessate.

Il Consiglio nazionale del Terzo settore, invece, istituito con decreto del Ministero del Lavoro con compiti più specificamente consultivi, potrà essere chiamato ad esprime pareri sugli schemi di atti normativi che riguardano il Terzo settore e sulle modalità di utilizzo delle risorse finanziarie che in certe materie saranno obbligatori, anche se non vincolati.

Importante sottolineare che la compagine dell’organismo annovera rappresentanti designati dal Forum nazionale del Terzo settore (associazione di enti più rappresentativa sul territorio nazionale) e di svariate associazioni e autonomie locali del territorio nazionale.
Un recente significativo correttivo alla riforma è quello che ha istituito il Servizio Civile Universale, con una disciplina organica sul tema.

Il percorso di implementazione del Codice del Terzo Settore allo stato ha segnato una battuta di arresto, mancando ancora la promulgazione di parecchi decreti attuativi previsti dalla norma istitutiva, a partire dal Registro degli ETS, dalla cui istituzione dipende la decorrenza di alcuni importanti termini.

L’augurio è che il processo superi rapidamente questa fase di stallo e possa quindi fugare le attuali incertezze, dando risposta ai tanti operatori del settore.