Deducibilità degli interessi passivi nella fusione per incorporazione – Diritto 24 – 5 dicembre 2018
Pubblichiamo l’articolo a firma di Maria Cristina Chioda, Partner dello Studio, scritto per Diritto 24
La fattispecie di una fusione per incorporazione di una società che deduce gli interessi passivi con le limitazioni previste dall’art. 96 del TUIR in una società non tenuta all’osservanza di tali limitazioni ha trovato importanti riferimenti nella recente risposta ad istanza di interpello n. 62 dell’Agenzia delle Entrate, datata 5 novembre 2018.
Tra gli elementi di maggior rilevanza che emergono da tale pronunciamento, assume particolare significato l’indicazione che gli interessi passivi sostenuti negli esercizi precedenti la fusione nonché nell’esercizio stesso in cui la fusione produce efficacia continuano ad essere soggetti al regime della società “di provenienza”.
Il caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate fa riferimento ad una società che esercita l’attività di gestione di interporti e che, per espressa deroga normativa (art. 96 comma 5 del TUIR), deduce integralmente gli interessi passivi.
Nel corso del 2017, con effetto fiscale retroattivo all’1 gennaio dello stesso esercizio, la società in questione ne ha incorporata un’altra, interamente posseduta e sottoposta, fino alla fusione, al regime ordinario di deducibilità limitata degli interessi passivi, di cui all’art.96 del TUIR.
Quale primo elemento di rilevanza, occorre sottolineare che il regime ordinario previsto per i soggetti IRES dall’art.96 del TUIR comporta la deducibilità in ciascun periodo di imposta degli interessi passivi e degli oneri assimilati, con limitazione posta fino a concorrenza degli interessi attivi e dei proventi assimilati.
L’eventuale eccedenza è deducibile nel limite del 30 per cento del risultato operativo lordo (ROL) della gestione caratteristica. Dall’ambito di applicazione della norma in esame sono esclusi i soggetti elencati al comma 5 dell’art. 96, tra i quali le “società costituite per la realizzazione e l’esercizio di interporti di cui alla legge 4 agosto 1990, n. 240, e successive modificazioni“.
Pertanto secondo l’Agenzia delle Entrate, indipendentemente dalla decorrenza fiscale e contabile che si è voluta attribuire agli effetti dell’operazione di fusione, gli oneri finanziari relativi all’esercizio ed ai periodi d’imposta antecedenti la fusione stessa restano vincolati alle ordinarie regole di deduzione degli oneri finanziari di cui ai commi da 1 a 4 del citato articolo 96. Nella fattispecie in questione, la società incorporante deve quindi dedurre gli interessi prodotti dall’incorporata nel limite degli interessi attivi e, per l’eccedenza, entro la misura del 30% del ROL, determinando tali parametri con esclusivo riferimento ai valori contabili post fusione inerenti la società incorporante, comprensivi di quelli ereditati dall’incorporata.
Ne consegue che il regime fiscale di tali interessi rimarrebbe quello tipico della società di origine, indipendentemente dalla circostanza che la fusione venga retrodatata o meno.
In altri termini, se una società non soggetta alle limitazioni della deducibilità degli interessi passivi previste dall’art. 96 del TUIR (nella fattispecie, una società per la gestione di interporti) incorpora una società tenuta all’osservanza di tali limitazioni, si configura una situazione in cui:
- gli interessi passivi non dedotti dalla società incorporata si trasferiscono, quale posizione soggettiva, alla società incorporante;
- quest’ultima li può dedurre osservando le regole proprie della società “di provenienza” (nella fattispecie, nel limite degli interessi attivi e del 30% del ROL);
- non è quindi possibile, per la società incorporante, dedurre in modo integrale tali interessi se il ROL non è “capiente”.